Credo che tutti, guardando le mie creazioni e conoscendo la mia personalità, possano comprendere chi sono e in cosa credo.
Dries Van Noten potrebbe essere definito lo Steve Jobs belga, per il suo stile semplice e il suo approccio sobrio e totalmente anti-celebrità. Figlio d’arte, è nato e cresciuto ad Anversa, dove tuttora vive, a pane e sartoria. È nel negozio del padre che apprende i rudimenti della moda. A 32 anni fonda insieme ad altri colleghi dell’università “i sei di Antwerp” una piccola casa di moda. Alla base dello stile di Van Noten c’è l’amore per il giardinaggio e i fiori (come si evince anche dal documentario Dries del 2017, girato da Reiner Holzemer), la nebbia del centro-Europa, l’accostamento coraggioso di textures e fantasie. Van Nonten è il designer dei colori (tant’è che esiste addirittura un blu che si chiama come lui), delle forme geometriche e degli abiti tattili. Un coraggioso, che ha fatto tanta gavetta, a partire dal suo primo negozietto aperto con vari sacrifici, fino a calcare le più prestigiose passerelle ed entrare nell’Olimpo dei designer più interessanti e rivoluzionari del nostro tempo. I sei di Antwerp arrivano alla loro prima Parigi Fashion Week nel 1991 con un furgone scassato e tutto il resto è storia. A Van Noten è dedicata anche una mostra nel 2014 presso il Musée des Arts Décoratifs di Parigi.
Van Noten insomma è un personaggio tutto particolare, con un occhio sempre attento alla sostenibilità. In un’intervista ha dichiarato che cerca di rendere la sua azienda ecosostenibile a partire dai piccoli gesti “dal ridurre l’uso della fotocopiatrice a ripensare il modo in cui spedisci i prodotti”. È stato autore di una collezione in poliestere creato con bottiglie riciclate e ha iniziato a spedire i blazer sovrapponendoli alle camicie invece di confezionarli singolarmente, dimezzando la quantità dei materiali usati per il packaging.
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