Se all’origine della sottocultura Teddy Boy una matrice violenta c’è, non è certo basata sull’odio razziale, ma sull’urlo di una generazione che ha voglia, anzi necessità di farsi sentire.
È il 1958, siamo a Notting Hill. Ci troviamo in un quartiere che darà il titolo a un film tra i più romantici della storia del cinema, ma noi questo ancora non lo sappiamo. Siamo a Notting Hill e di romantico non c’è proprio niente. Sono arrivati i Teddy Boys in città e insieme a bande di neonazisti stanno distruggendo tutto e stanno aggredendo un gruppo di persone di colore. È questa la Londra degli anni ‘50, una città dove cultura e subcultura, razzismo e multietnicità convivono in modo tutt’altro che pacifico. Insomma, uno scenario ben diverso dagli “Happy days” cui si associa di solito questo decennio storico. La stampa non ci pensa un attimo a cavalcare l’onda e i “fatti di Notting Hill” diventano immediatamente iconici, la fotografia della subcultura londinese per eccellenza, quella dei Teddy Boys, di cui però ha furbamente gettato il negativo. Come ha già fatto nel 1953, anno in cui John Beckley fu ucciso nel porto di Clapham Common da una gang che il Daily Mirror non ha esitato a definire: “ Coltelli a serramanico, musica da ballo e abiti edoardiani”. Su questa scia è nata una vera e propria demonizzazione del movimento, che è arrivata anche all’affissione fuori dai pubblici esercizi di cartelli che vietavano l’ingresso a tutti coloro che indossassero vestiti edoardiani e scarpe di gomma. Non ha aiutato nemmeno l’uscita negli stessi anni del film “Il seme della violenza” che narrava proprio la criminalità giovanile e il vandalismo delle sottoculture.
Se all’origine della sottocultura Teddy Boy una matrice violenta c’è, non è certo basata sull’odio razziale, ma sull’urlo di una generazione che ha voglia, anzi necessità di farsi sentire. La guerra è finita, l’economia ha ricominciato a girare e le classi sociali sembrano più mobili. C’è bisogno di una nuova voce, c’è bisogno di Teddy boys.
L’idea di questa commistione di eleganza da lord inglese ed elementi da street americana nasce dallo stile dandy, massimo elemento di riferimento per i Ted.
E questa nuova voce non può che formarsi attraverso la messa in discussione, anche ironica, del potere costituito. Ted è infatti il diminutivo che una prima pagina di giornale ha dato al re EdoardoVII. Ma anche attraverso atti rivoluzionari, o se vogliamo rivoltosi, come vandalismo e rumore. Tanto rumore. Soprattutto negli scontri con i rivali per eccellenza, quelli considerati “posers” più “posers” di sempre: i Punk.
Quella Ted è considerata la subcultura giovanile più emblematica dell’Inghilterra ed ha avuto risonanza a livello mondiale e storico, tant’è che non solo si è poi evoluta nei movimenti Mod e Rockabilly, ma è stata anche protagonista di diversi revival nel corso degli anni, anche da parte di stilisti rinomati come ad esempio quello di Vivienne Westwood e Malcolm McClaren. Tanto da far nascere i “plastics” cioè i Ted fasulli, troppo kitsch rispetto allo stile originario.
Ma scopriamo insieme come si riconosce un vero Teddy Boy. Uno dei tanti simboli identificativi del Ted è quello di Caino, che di solito viene tatuato sul braccio. A livello di look, il concetto fondamentale è che i Ted si oppongono al dualismo vestito da lavoro/vestito da tempo libero, sdoganando una delle distinzioni più ferree del mondo della moda.
I cattivi ragazzi indossano blazer scuri in pelle o velluto, magliette a dolcevita, gilet, jeans a sigaretta usurati con tantissime tasche per tenere pettine, accendino e…coltello a serramanico, e scarpe brothel creeper. Completano il look con vistosi anelli alle dita e capelli lunghi alzati con la gelatina a formare la famosa “Y a sedere di anatra”. Le teddy girl invece indossano gonnelline, cappelli da pescatore in paglia, espadrillas e raccolgono i capelli in lunghe trecce.
L’idea di questa commistione di eleganza da lord inglese ed elementi da street americana nasce dallo stile dandy, massimo elemento di riferimento per i Ted. Uno stile che prima era prerogativa dei bravi ragazzi laureati ad Oxford e che ora viene prepotentemente rimaneggiata e acquisita dai cattivi teppistelli di Londra. A questo stile dandy si mixano elementi tratti dallo stile Western come cravattini in cuoio e giacche country. Ad oggi molti elementi sono ripresi dallo stile Ted, soprattutto attingendo alle rivisitazioni successive operate da Mod e Rockabilly. In particolare, la tendenza a mixare stili “da lavoro” con “stili da tempo libero”, oltre all’utilizzo del jeans a sigaretta e delle scarpe creeper. E voi, cosa ne pensate del movimento Ted? Lo conoscevate? Fateci sapere nei commenti.
Editor