Perchè sei un hippie e non lo sai

Come nasce la moda hippie? Perchè ancora oggi indossiamo capi "freak"? Qual è il vero significato di questi capi? Esiste un rapporto tra moda hippie, diritti civili e tutale ambientale? Un breve viaggio tra Woodstock e Italia, anni '60 e 2000, alla scoperta della moda "fricchetona".

Li chiamano “hippie” o “figli dei fiori”. Sono giovani che ascoltano un nuovo genere di musica, il rock psichedelico, che predicano l’amore libero, la pace e la spiritualità, influenzati dalle filosofie orientali e da grandi personaggi come Gandhi, Gesù, San Francesco, Buddha. Ascoltano “Acquarius” degli Hair, fumano marijuana e assumono allucinogeni per ampliare i propri orizzonti mentali.

La moda, che ci piaccia o no, è un fenomeno trasversale, che abbraccia ogni aspetto della cultura e della società. Se non vi siete mai chiestə perché indossiate un paio di jeans a zampa o una camicia fiorata o da dove siano usciti gli hipster forse è il momento di iniziare a farlo. Per comprendere meglio non solo le tendenze, ma anche e soprattutto noi stessə.

La prima tappa del nostro viaggio attraverso il rapporto tra moda e musica, stile e sottoculture è un posticino chiamato Bethel, nello Stato di New York. È il 1969 e siamo a bordo del nostro furgoncino Volkswagen. Sulla pelle l’afa di agosto e nelle orecchie una sola canzone: “White rabbit” dei Jefferson Airplaine.

Ci aspettano 3 giorni di musica rock e pace, ci aspetta il Festival di Woodstock.

Questo evento, che ha visto la partecipazione di 500mila spettatori e di artisti come Santana, Janis Joplin, Jimi Hendrix, Grateful Dead e The Whoo, è considerato il simbolo della cultura hippie.

Il boom economico degli anni ’50 si sta smorzando e si estinguerà definitivamente negli anni ’70. Il mondo è una grande torta divisa tra USA e Russia, che adesso si chiama ancora Unione Sovietica. È il momento dei grandi ideali, della destra e della sinistra, delle proteste e delle lotte studentesche e dell’opposizione alla Guerra in Vietnam. “Fate l’amore non fate la guerra”, “Mettete fiori nei vostri cannoni” sono grida che inneggiano alla pace e alla revisione del potere precostituito, alla messa in discussione di una società che a questi ragazzi tra i 15 e i 25 anni, pare marcia fin dalle fondamenta. Grida e slogan che vengono espressi anche attraverso l’abbigliamento, il suo simbolismo e i suoi riferimenti culturali ed etnici.

Li chiamano “hippie” o “figli dei fiori”. Sono giovani che ascoltano un nuovo genere di musica, il rock psichedelico, che predicano l’amore libero, la pace e la spiritualità, influenzati dalle filosofie orientali e da grandi personaggi come Gandhi, Gesù, San Francesco, Buddha. Ascoltano “Acquarius” degli Hair, fumano marijuana e assumono allucinogeni per ampliare i propri orizzonti mentali.

Gli hippie esprimono i loro ideali anche attraverso la moda e lo stile, con soluzioni che risultano valide ancora oggi e che vengono rivisitate (o, se vogliamo, copiate) sulle passerelle più prestigiose anche a distanza di oltre 50 anni. Tra i loro riferimenti di stile anche gli indiani d’America e in generale tutte quelle etnie che vengono soffocate dal Capitalismo. Ogni gilet con le frange, ogni piuma è un tributo ad esse ed una lotta simbolica a concetti come la supremazia della razza. Insomma, un vero e proprio manifesto di libertà indossato e sfoggiato.

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I capi sono un’apoteosi di colori e fantasie, dettagli psichedelici e floreali, insomma un’espressione della fantasia e della congiunzione intima con la natura. I materiali sono sempre naturali, dalla canapa al cotone, addirittura molti sono realizzati a mano con la tecnica del fai da te (DIY). Un vero e proprio preludio dell’attuale tendenza al green fashion. Si potrebbe azzardare che i primi veri eco-fashionisti siano stati proprio gli hippie.

Se la moda degli anni ’50 e ’60 era castigata ed austera, spersonalizzante, quella dei figli dei fiori non può che essere particolare, disordinata, comoda e soprattutto libera. In primo luogo, l’uniforme del perfetto hippie è un capo unisex, ad esempio una tunica o camicione, che quindi va oltre la marcata differenziazione tra uomo e donna. L’essere umano è un individuo libero, così come la sua sessualità, e non è classificato in base al proprio genere. Un discorso che sembra più che mai attuale se si pensa all’odierno dibattito per il riconoscimento dei diritti civili della comunità LGBTQ e di ulteriori distinzioni negli orientamenti sessuali.

I capi sono un’apoteosi di colori e fantasie, dettagli psichedelici e floreali, insomma un’espressione della fantasia e della congiunzione intima con la natura. I materiali sono sempre naturali, dalla canapa al cotone, addirittura molti sono realizzati a mano con la tecnica del fai da te (DIY). Un vero e proprio preludio dell’attuale tendenza al green fashion. Si potrebbe azzardare che i primi veri eco-fashionisti siano stati proprio gli hippie.

Si indossano jeans a zampa, fascette per capelli, gonne lunghe e ampie, bandane, collane, sandali con la zeppa, i capelli restano sciolti e lunghi con la riga in mezzo. Un insieme di tendenze che possiamo notare anche oggi ad ogni livello, dalle passerelle di haute couture alle persone che passeggiano per strada. Le frange, ad esempio, tendenza riproposta negli anni e tra questi anche nel 2020-21, vengono proprio da lì, da quei figli dei fiori che da nomadi e indiani riprendevano e celebravano peculiarità e accessori.

E se tutto questo non bastasse a rendere l’idea di quanto la moda e le ideologie hippie siano radicate nella contemporaneità, allora non resta che prendere in prestito Jesse Sheidlower, il principale editore statunitense della Oxford English Dictionary, il quale si sofferma sull’etimologia della parola “hipster”. Egli sostiene che sia la parola “hipster”, coniata da Gibson nel 1940 per definire i jazzisti, che “hippy” derivino dalla radice “hip”. L’”hipster” era in sostanza un “uomo bianco che agiva più da nero degli stessi neri”. E dunque, la radice comune è proprio quella di contenere in sé un messaggio di uguaglianza e protesta, di fantasia e creatività.

Ad oggi il legame tra “hipster” inteso in senso contemporaneo ed “hippie” non è proprio così intuitivo, se non fosse per la tendenza a lasciare la barba lunga, di solito però iper-curata e non incolta e libera.

Nella cultura contemporanea gli influssi dell’ideologia hippie si possono osservare sia nelle tendenze animaliste e salutiste (ad esempio movimenti vegetariani e vegani) sia nei festival musicali (un esempio tra tutti il Coachella, che si tiene in California e che riprende i cliché dello “stile Woodstock” rivisitato in “Coachella style” e trasformato nella passerella di influencer e brand, in pratica l’apoteosi del Capitalismo).

La contemporaneità è insomma l’esempio di come la controcultura e contromoda hippie sia stata trasformata in una tendenza e piegata da quelle stesse multinazionali che era nata per combattere. Un lato positivo è però che, essendo penetrata così a fondo ad ogni livello della nostra cultura e della nostra concezione di società, ha anche dato il là ad una serie di riforme e movimenti a favore dei diritti civili e dell’ecosostenibilità.

Chiara Mezzetti
Chiara Mezzetti

Editor

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