Una T-Shirt è per sempre

Ma davvero i vestiti inquinano così tanto? Quali sono i marchi più spreconi? La Francia è in prima linea con la Roadmap. La musica entro fine 2019 cambia. Vediamo come. Scritto da Chiara Mezzetti

E se invece da oggi ad essere “per sempre” non fossero più solo i diamanti ma anche i vestiti?

Ricordate lo slogan “un diamante è per sempre”? Fu ideato da Frances Gerety nel 1947 per De Beers, un’importantissima azienda di gioielli che voleva una frase d’effetto, che si incastonasse monolitica nelle menti del pubblico, esattamente come i suoi preziosi diamanti sulle impalcature di anelli e collane. Non ci sogneremmo mai di buttare un diamante o di distruggerlo. Lo conserviamo e al massimo riadattiamo ad altri usi, trasformandolo da orecchino a ciondolo e così via. È quello che si fa con ciò che si reputa prezioso, di valore. E se invece da oggi ad essere “per sempre” non fossero più solo i diamanti ma anche i vestiti? Se iniziassimo a riciclare e conservare al meglio, riutilizzando e reinterpretando, la grande mole di tessuti che produciamo e scartiamo ogni anno?

In generale, secondo un rapporto della Business of Fashion, l’industria della moda scarta 500.000 milioni di euro di vestiti ogni anno.

A farsi Paese-simbolo di questa nuova politica è stata la Francia, che l’anno scorso ha stipulato 50 punti operativi raccolti nella “Roadmap per l’economia circolare”. Obiettivo comune a tutti e 50 i punti è migliorare i metodi di produzione, i comportamenti dei consumatori e promuovere il riciclaggio dei rifiuti. Tra i topics della mappa c’è anche una sezione dedicata proprio al fashion. La posizione della Francia è chiara: entro fine 2019 i materiali invenduti dalle aziende di moda non potranno essere gettati via o distrutti. I dati che riguardano lo spreco di tessuti e abiti sono allarmanti e spaventosi. In particolar modo, i più spreconi sono i grandi marchi, le case di alta moda. I loro prodotti, lussuosi e costosissimi, una volta passata la stagione, dovrebbero essere venduti a prezzi stracciati o addirittura essere regalati. Questo per molte case di moda è inaccettabile, perché significherebbe perdere di valore e quindi un grande danno d’immagine oltre che economico. Perciò molti preferiscono direttamente distruggere tutte le rimanenze, con pratiche poco etiche e fortemente dannose per l’ambiente. È un problema da non sottovalutare, poiché l’impatto inquinante è fortissimo. Un esempio tra tutti Burberry, che nel 2018 ha bruciato le sue eccedenze per un totale di 32 milioni di euro. Tuttavia, a fare questo sporco giochetto non sono solo i marchi di lusso, ma anche multinazionali “cheap” come H&M, che, sempre nel 2018  ha bruciato merce per quasi 3 milioni di euro. In generale, secondo un rapporto della Business of Fashion, l’industria della moda scarta 500.000 milioni di euro di vestiti ogni anno. A fronte di questi dati, “The European Clothing Action Plan (ECAP)”, ovvero il piano di azione sull’abbigliamento che risale al 2015, appare più che mai attuale e necessario. Fortunatamente, sempre più marchi si stanno sensibilizzando e stanno creando linee di riciclo e biodegradabili. Da oggi possiamo dire: “una T-Shirt è per sempre”.

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